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Nella vita quotidiana capita sempre più spesso di provare sconcerto, a volte anche rabbia, rispetto a dei fatti a cui assistiamo o di cui sentiamo parlare attraverso i media e la televisione (liti furiose, mancanze di rispetto, aggressioni…). Non ci sembra possibile quello che le persone arrivano a fare, magari tendiamo anche a considerarle cattive perché non rispettano il codice legale e morale che la nostra società condivide e che ci è stato insegnato esplicitamente o indirettamente attraverso l’esempio in famiglia, a scuola, nei contesti che frequentiamo. Ci chiediamo come ciò sia possibile e non capiamo come facciano queste persone a dormire la notte e a far tacere la loro coscienza senza sentirsi in colpa.

In realtà ciascuno di noi commette degli sgarri – più o meno grandi – rispetto alle regole, anche quelle che ritiene giuste o che comunque accetta solitamente di seguire. A chi non è mai capitato almeno una volta di parcheggiare dove non permesso perché di fretta, di esagerare magari con l’alcool a una cena o di non accogliere una richiesta di aiuto perché non ci fidavamo di chi l’ha espressa?

Come è allora possibile conciliare un comportamento diverso da quello che si ritiene giusto e appropriato? Fare qualcosa che noi stessi valutiamo come scorretto ci fa infatti sentire male, in colpa, lede alla nostra autostima e ci fa propendere per un’idea negativa di noi stessi.

Lo psicologo Albert Bandura ha notato che le persone tendono a giustificare i comportamenti che non corrispondono ai loro valori in diversi modi, definendoli meccanismi di “disimpegno morale”. Questi modi di pensare sono solitamente appresi e costruiti socialmente tanto che appartengono a tutti noi, o almeno allo stesso gruppo culturale, e ci liberano dai sentimenti di autocondanna nel momento in cui non rispettiamo le norme.

Entrano in gioco già nel momento in cui elaboriamo una conoscenza e sostengono una sorta di divorzio tra giudizio morale e condotta. In particolare possono riguardare:

  • una nuova descrizione del comportamento, che da scorretto diventa comprensibile se non addirittura appropriato (ad es. “lo fanno tutti, perché non dovrei farlo io!”)
  • una distorsione del rapporto causa – effetto (ad es. “l’ho fatto solo perché mi ha provocato”)
  • una rivalutazione della vittima, che assume connotati diversi (ad es. “se gira con il Rolex in quel quartiere se la va a cercare”)

Questi processi di pensiero sono trasversali e tutti tendiamo a utilizzarli per non condannarci e salvare l’immagine che abbiamo di noi stessi, per non sentirci cattivi e continuare a stimarci. E’ importante quindi conoscerli, per non sfuggire alle nostre responsabilità e per sostenere il nostro giudizio morale in modo lucido e consapevole.

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